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Carpe Diesel

AVEVO POCO MENO di quindici anni, l’età giusta per fare il proprio debutto in un deposito locomotive. Con una dose di protervia ed imprudenza tipica dell’età, del tutto noncurante dei permessi necessari, decisi di entrare in quello della mia città, Bari, percorrendo all’incontrario il sentiero che i macchinisti facevano per uscirvi; così, attraversato il grande passaggio a livello di via Brigata Regina, con il viadotto delle Calabro Lucane che si stagliava in diagonale lì in alto, mi infilai in un camminamento dal quale, in un baleno, mi si aprì un ignoto reame. Sgattaiolando impudente raggiunsi la zona TD, trazione Diesel, dove stazionavano diverse locomotive a vapore: le 835 e le 880, alcune accese di riserva, altre ormai accantonate, e la 740 310, ancora atta, che ricordavo aver visto più volte in manovra a Bari Centrale con dei treni materiali. Ancora non sapevo che per quell’umile e indispensabile lavoro era stata per breve tempo dapprima affiancata e poi deposta da un curioso mezzo che era proprio lì, dietro la piattaforma girevole. Era una locomotiva diesel di aspetto piuttosto sbolinato, in castano e isabella, per me senz’altro una D 342. Tuttavia, sul pancone, leggevo, tanto sorpreso quanto incredulo, D 341 4001 e al centro del frontale una grossa placca che diceva, un po’ solennemente: “Ansaldo”.

Foto archivio ACME

 

Ma quale locomotiva era mai questa? Che fosse un errore dell’officina? Improbabile; abbaglio nelle mie letture? Idem; da barese conoscevo bene le diesel FS, e le 341 locali erano tutt’altre macchine. Perso nei dubbi finii col perdere la mia temerarietà, mi detti indietro per la paura di essere scoperto dai ferrovieri di turno e lasciai il deposito. In cuor mio sapevo tuttavia già che ci sarei ritornato e, vista la facilità con cui mi ci ero potuto intrufolare, avrei stavolta portato con me la macchina fotografica. Avevo fissato quell’appuntamento per due giorni dopo: per l’indomani infatti era prevista un’attività scolastica pomeridiana e mi sarebbe stato difficile arrivare al deposito prima del calare del sole; rifeci quindi il percorso come la prima volta rientrando nel deposito il giorno dopo, 10 Marzo: ma la strana 341, il “baffetto” come poi seppi veniva apostrofato dai ferrovieri, non c’era più. Pensai, un po’ favoleggiando, che si fosse sottratta all’obbiettivo, come una signorina vestita dimessamente che non ama farsi ritrarre. E invece alla fine scoprii che era stata trasferita al deposito locomotive di Rimini, per essere demolita.

Foto archivio ACME

 

Mi ci vollero molte settimane per smaltire la delusione e la curiosità rimastemi in gola. Poi nel settembre 1979 mi capitò di andare con la famiglia in vacanza a Rimini; come ogni volta che mi trovavo in una città con un deposito locomotive provai ad entrarvi, riuscendo anche qui senza grossi problemi. Mi accolse la mole fuori ordinanza della D 442, lasciata ad arrostirsi le lamiere in attesa della fiamma ossidrica. Il suo binario mi guidò verso le rimesse e lì, all’ombra di alcuni alberi, vidi un telaio con intorno dei poveri resti: ciò che era rimasto della mia D 341 4001. Ero deluso per non essere arrivato in tempo, ma anche contento per averla potuta trovare e salutare. Feci due scatti a quel triste rottame e le dissi addio. Tuttavia la mia soddisfazione di averla finalmente potuta ritrarre durò assai poco: sviluppai il rullino e trovai che le sue foto erano totalmente sottoesposte, al punto che non vi si distingueva alcunché.
Erano stati gli alberi che la coprivano ad ingannare il mio esposimetro, chissà mandati a farlo proprio su richiesta della locomotiva che non amò farsi fotografare.

© 2023 La Rivista della ferrovia
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