Le 685 Caprotti
Di Giuseppe Foglianese


Nel nostro Paese lo sviluppo industriale e tecnologico negli anni tra le due guerre aveva subito una grande contrazione per via delle prescrizioni autarchiche del regime fascista, con inevitabili ricadute sul piano economico; gli ingegneri delle FS erano pertanto costantemente al lavoro per tenere in vita e anzi render sempre più efficienti le locomotive già in servizio. Il gruppo di macchine per treni passeggeri più diffuso, quello della stirpe delle Gr.680 e Gr.685, ebbe a ricevere nel corso degli anni tante di quelle modifiche che ne vennero derivati diversi altri gruppi, il 681 e il 682, il 683 e quello dall’effimera denominazione Gr.686. Questo era stato costituito per sperimentare sulle locomotive Gr.685 un apparato per la distribuzione ideato dall’architetto e ingegnere Arturo Caprotti, basato sull’impiego di valvole e alberi a camme in luogo dei leveraggi tipici degli altri sistemi. Nel 1923 quattro 685 di III serie, segnatamente la 161, la 165, la 167 e la 169, ricevettero così il nuovo meccanismo di distribuzione, andando a formare il gruppo 686 da 001 a 004. I risultati furono assai soddisfacenti e i benefici altrettanto chiari: al netto della maggiore richiesta di manutenzione il meccanismo Caprotti, chiuso in una scatola all’interno del telaio, permetteva di semplificare il biellismo che lasciava ora poco spazio ai moti parassiti dovuti all’inerzia delle masse delle leve aggiuntive dell’apparato Walschaerts. Risultato, maggiori prestazioni e riduzione dei consumi: meglio di così.

Alle prime quattro macchine, frutto di trasformazione, se ne aggiunsero subito altre trenta di nuova costruzione, native Caprotti; di queste, dieci furono costruite dalle OM di Milano e immatricolate 686 da 005 a 014, e venti dalla CEMSA di Saronno, con numeri da 015 a 034. C’erano alcune differenze tra i prototipi e le unità di serie, alcune abbastanza evidenti, altre poco apprezzabili, altre ancora decisamente nascoste. La più visibile di tutte era, sui prototipi, la permanenza della leva di inversione sul lato sinistro, reliquia dell’originale distribuzione Walschaerts e non presente sulle locomotive Caprotti di nascita. La leva era in realtà un’asta, prolungamento dell’asse di un volantino in cabina, che tramite un congegno a catena trasmetteva il comando della direzione di marcia. Visibilissimo era anche un’altro particolare: le unità nate come Caprotti erano basate sul progetto delle 685 di IV serie, che avevano la parte anteriore del telaio più lunga di 150 mm rispetto ai prototipi, nati come macchine di III; entrambe montavano però la caldaia post 1919, con il forno maggiorato rispetto a quello delle prime due serie costruttive. Diversa era poi la posizione e la forma dei convogliatori del vapore esausto dai cilindri alla camera a fumo, simili nei prototipi a quella poi visibile, qualche anno dopo, sulle quaranta locomotive già Gr.680, 681 e 682 trasformate in 685 Caprotti a partire dal 1928.

Sorvolando su altre differenze meno appariscenti, tra le quali le posizioni dei rubinetti degli oliatori e le guide del testa-croce che incidentalmente erano diverse solo nelle unità CEMSA, e ignorando che dal tipo 4C dell’apparato Caprotti dei prototipi 001-004 si passò al 4CN delle unità di serie, per la felicità di coloro i quali cercano mentalmente di districarsi dal groviglio di sigle e numeri annotiamo con piacere che nel marzo del 1929 le FS aboliscono il gruppo 686 rimarcandone le unità come 685. Viste però le anzidette difformità tra i quattro prototipi e le altre trenta macchine, si vanno a costituire due sottoserie: la prima, detta 685.700, comprendeva i quattro prototipi ed era stata studiata per ospitare eventuali trasformazioni in Caprotti di tutte le restanti 685 Walschaerts, dalla 001 alla 241, aumentandone il numero originale di appunto 700; questo programma non fu però mai messo in atto, e le quattro 686 originarie restarono le uniche rappresentanti della serie, assumendo le matricole 685.861, 863, 867 e 869. La seconda sottoserie, comprendente invece le macchine Caprotti di fabbrica, mantenne la numerazione originale aumentata però di 950; evitando di chiederci il perché, prendiamo atto della nuova classificazione: le dieci unità di costruzione OM diventarono le 685.955 – 685.964, le CEMSA le 685.965 – 685.984.

Ultimo – lo promettiamo – attentato all’equilibrio mentale dei lettori più attenti: cinque delle 685 Caprotti di serie, la 685.965, la 966, la 969, la 972 e la 981, vennero equipaggiate tra il settembre del 1940 e il giugno del 1941 con l’apparato Franco-Crosti e per coprirne l’aspetto sfigurato dagli ingombranti e voluminosi preriscaldatori si decise di carenarle, anche in omaggio alla passione dell’epoca per gli streamliner. Il risultato fu il gruppo 683, le famose Tutankhamon, il sarcofago del quale veniva appunto in mente osservandone il grottesco aspetto finale. Ma questa è un’altra storia, che vi racconteremo un’altra volta.
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