La cara estinta

In copertina: una bella immagine della 475.021, precedentemente kkStB 80.183. Aveva solo quattro anni di servizio quando fu incorporata nel parco FS. Foto Archivio ACME.


Di Romano Mölter

con il contributo di Giuseppe Foglianese

LE LOCOMOTIVE FS di provenienza straniera hanno sempre stimolato una certa attenzione nel mondo degli appassionati del treno nostrano. Sarà stato magari per le loro fattezze poco familiari, fatto sta che curiosando attorno a loro si scoprono sovente episodi e intrecci poco noti della storia dei trasporti del nostro paese. Va detto, dalla 897 FS ex KPEV alle misconosciute locomotive del Baden Württemberg, queste macchine hanno condotto da noi una spesso effimera esistenza e non sono stati pochi i casi nei quali la loro iscrizione negli elenchi delle FS fu solo amministrativa; tuttavia alcune di esse, in particolare quelle provenienti dalle ferrovie dell’impero austro-ungarico, fecero in tempo a costruirsi una discreta carriera, dai loro luoghi d’origine prossimi all’estremo nord-est d’Italia dove si erano trovate allo scoppio del primo conflitto mondiale, per arrivare fino al Sud.

Tra queste, le 475 FS facevano parte in origine del grande gruppo 80 delle kkStB, a sua volta un’evoluzione del precedente 180, dal quale aveva ereditato gran parte delle caratteristiche meccaniche. Il pesante rodiggio a cinque assi accoppiati veniva aiutato a iscriversi in curva col sistema Gölsdorf-Achsanordnung, che vedeva la biella motrice agire sul quarto asse; per evitare di allungarla troppo e avere come effetti indesiderati poca efficienza, vibrazioni, serpeggi e maggiori possibilità di guasti venne… stiracchiato tutto il complesso a valle dei cilindri, estendendo cioè le bielle ma anche gli steli degli stantuffi e le slitte che li reggevano.

Il sistema Gölsdorf è ben visibile in questa immagine di fabbrica della 180 06, costruita dalla StEG nel 1902. Questa unità entrerà a far parte, dopo la guerra, del gruppo 523.0 delle ČSD, le ferrovie cecoslovacche.  Foto Archivio RF.

Le 180 e le più evolute 80 furono impiegate dalla statale kkStB e dalla privata Südbahn sui binari che portavano dal cuore dell’impero al porto di Trieste, e più in generale sulle linee esigenti dal punto di vista delle prestazioni. Furono delle macchine estremamente ben riuscite, al punto che dopo la fine della Grande Guerra le compagnie ferroviarie della nuova Europa furono ben liete di incorporarle nei loro parchi rotabili: la cecoslovacca ČSD, la polacca PKP, la rumena CFR, la jugoslava JDŽ, l’ungherese MÁV furono tra i loro maggiori utilizzatori, ma le locomotive ebbero i loro momenti anche sui binari delle BBÖ austriache e delle DR tedesche dell’est. Dieci macchine arrivarono persino a servire sulla ferrovia Trans-iraniana.

La 524.048 delle ČSD, già classe 80 delle kkStB, del tutto simile alle 475 e 476 che prestarono servizio nelle FS. Foto Jaroslav Kocourek.

Le FS incorporano come risarcimento danni di guerra settantasette locomotive della classe 180, che costituirono il Gr. 477, e centouno della classe 80 che furono divise tra i gruppi 476 e 475. Di queste ultime ventinove macchine, tutte provenienti dai registri delle kkStB, nessuna è arrivata ai nostri giorni con i colori FS; pertanto, secondo la letteratura ferroviaria italiana disponibile, il gruppo è da considerarsi estinto. Ma sarà vero? Prendiamo la storia della 475.017, alzando un attimo lo sguardo oltre il patrio confine.
Costruita nel 1914 dalla Breitfeld-Daněk a Karolinenthal, l’attuale quartiere di Praga Karlín, ebbe il numero di fabbrica 37 e fu consegnata alle kkStB il 14 ottobre 1914; immatricolata come 80.179 fu da subito adibita al traino di convogli per gli approvigionamenti bellici di materiale e personale. Nel 1919 fu ceduta all’Italia in conto danni di guerra, e marcata provvisoriamente A.S. 80.179, dove A.S. stava per “Austria Stato”. La marcatura finale FS 475.017 le venne conferita all’atto della sua definitiva inclusione nelle nostre ferrovie, nelle more di un processo di spartizione dei beni degli ex imperi centrali che sarebbe durato un ventennio.

La 475.006, già 80.105 delle kkStB, in deposito a Gorizia. Costruita dalla Wiener Neustädter Lokomotivfabrik nel 1911, era dunque una macchina giovanissima al tempo del passaggio alle FS. Foto Archivio ACME.

Assegnata dapprima al D.L. di Gorizia e poi a Trieste Campo Marzio, come molte sue consorelle nel 1937 fu riportata a Gorizia e lì accantonata e tenuta di scorta. Nel luglio 1940, vistosi scoppiare intorno un nuovo conflitto mondiale, venne rimessa in funzione e riassegnata al deposito di Trieste Campo Marzio. Fu ben presto noleggiata, ironia del caso, proprio alle ferrovie austriache dalle quali proveniva, per supportare l’intenso traffico bellico di carbone dalla Germania verso la bisognosa Italia. La fine del nuovo conflitto sorprese la nostra 475.017 a Ljubljana, in terra ritornata straniera, dove fu trattenuta divenendo la 28-053 delle JDŽ. Nella nuova Jugoslavia di Tito procurarono di piallarle via, con un apparente eccesso di zelo, le punzonature su ruote e biellismo relative al periodo FS, lasciando visibili solo le originali kkStB. La cosa non deve meravigliare, perché in un’epoca di grande confusione politica come quella le necessità di ripartire con il poco che si aveva a disposizione prevaleva largamente sulla trasparenza dei rapporti con le altre nazioni. Si potrebbe considerare tra le ragioni che portarono a ciò anche un certo sentimento di inimicizia verso l’Italia per via dell’invasione fascista dell’aprile 1945; sta di fatto che, proprio come si trattasse di due bimbi che bisticciano per un trenino giocattolo, la neonata Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia volle togliere drasticamente alla altrettanto giovane Repubblica Italiana la possibilità di chiedere indietro ciò che era rimasto sul suo territorio.

La 28-053 delle JŽ, precedentemente la 475.017 delle FS, al traino di un treno merci sui binari jugoslavi. Foto Archivio ACME.

Nell’aprile del 1958, a seguito di un repulisti, le FS radiarono formalmente tutte le locomotive rimaste all’estero dopo la fine della guerra, ormai certe che non sarebbero più tornate, e che del resto ormai non erano nemmeno più necessarie. La storia italiana della 475.017  finisce pertanto qui, con la sua cancellazione dagli elenchi del materiale rotabile FS. Dall’altra parte del confine, però, la locomotiva era lungi dal voler terminare la sua esistenza sui binari; restò infatti in servizio per anni anche dopo il cambio di denominazione delle ferrovie jugoslave del 1952 da JDŽ  a JŽ, finendo accantonata solo negli anni Settanta.
Per via del sue eccellente stato di conservazione al momento della radiazione venne presa in carico dal museo ferroviario di Ljubljana, e negli anni Novanta trasferita in concessione a lungo termine al museo austriaco di Knittelfeld. Per chi volesse toccarla con mano, l’ultima superstite del gruppo 475 FS è ancora lì, monumentata di fronte alla locale stazione ferroviaria.

La 80.100 già delle kkStB, poi FS 475.017 e infine JZ 28-053 brilla come nuova nello spiazzo antistante la stazione di Knittelfeld. Foto Romano Mölter.

 

La parentesi italiana dal 1918 al 1945 è ben testimoniata dalla stele che riepiloga la storia della locomotiva. Foto Romano Mölter.

Post scriptum: la matematica è un’opinione.

Non esiste racconto ferroviario senza un’appendice. Nei primi anni Ottanta, in occasione di uno scambio tra FS e JŽ di locomotive a vapore da poter preservare, era giunta in Italia la JŽ 28-023, ovvero un’altra classe 8o kkStB. Si trattava della 80.100, costruita nel 1911 da Wiener Neustadt con il numero 5036. Rispetto alla 017 della nostra storia montava un meccanismo di distribuzione diverso, ovvero ancora a cassetto piano dal lato bassa pressione.

La locomotiva kkStB 80.100, poi JŽ 28-023, in attesa di essere restaurata presso il museo di Trieste Campo Marzio. Foto Romano Mölter.

Una volta al museo di Trieste le venne attribuita la marcatura FS 476.073, intenzionalmente posticcia perché il gruppo 476 si fermava infatti all’unità 072; le 476 per di più erano delle ex 80 kkStB di una serie diversa, e sarebbe stato forse più corretto considerarla una 475.

Dopo gli interventi conservativi del museo di Campo Marzio la kkStB 80.100 diventa la 476.073 FS. Foto Archivio RF.

Ma c’è un ma: all’epoca delle prime incorporazioni delle grandi locomotive a cinque assi accoppiati di origine austriaca, le FS immatricolarono inizialmente come 475.030, 031 e 032  tre locomotive che, viste le loro caratteristiche, sarebbero dovute confluire nel gruppo 476; compreso l’errore, queste furono riportate nel gruppo 476 e marcate da 042 a 044. Ora, se si fosse voluto marcare la locomotiva del museo di Trieste correttamente, quale numero, pur posticcio, si sarebbe dovuto darle? A costo di farci girare ulteriormente la testa dobbiamo annotare che il gruppo 475 si fermava al numero 032 quando composto da ex 80 e 180, e allo 029 quando composto da sole ex 80.
Portiamo dunque la nostra solidarietà agli amici triestini quando decisero di considerarla una 476, risparmiandosi l’urto di quel bailamme di date, numeri e lettere che abbiamo cercato di riportare e rendere comprensibile qui. Restiamo tuttavia umili non pretendendo di esservi riusciti.

La marcatura sul tender della 476.073 di Trieste Campo Marzio. Foto Archivio RF.

Post post scriptum:  la locomotiva quantistica.

La 476 fake, per usare un termine oggi assai familiare, ci lascia con un’ultima domanda, alla fine di questa storia senza fine: nella sua lunga carriera, aveva mai battuto in precedenza bandiera italiana? No, perché non era una delle ventiquattro della sottoserie 80.100≈203 che costituivano la maggior parte dell’originale gruppo 475 FS; sì, perché dal 1941 al 1945, colta sui binari di casa nostra e catturata dal Regio Esercito, fu utilizzata regolarmente dai ferrovieri italiani fino al suo rimpatrio, senza mai ricevere alcuna collocazione amministrativa FS. Insomma, non dico di no, ma non dico neanche di sì.

 

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