In copertina: la bella Az 20.515 Tipo 1955R in composizione al Direttissimo “Italicus” Monaco di Baviera – Roma e in servizio diretto fino a Nizza, nel 1958. La carrozza presenta già la banda gialla sugli scompartimenti, applicata sulle prime classi proprio da quell’anno in poi. Foto Archivio ACME, cortesia Eisenbahn-Kurier.
La non uniformità nei treni
Uno degli elementi più caratteristici delle ferrovie moderne è certamente il treno a composizione cosiddetta bloccata, ovvero non suscettibile di aggiunte, modifiche o sostituzioni di vetture lungo il suo normale percorso. Nel numero 18 della nostra rivista, andata in stampa un mese fa, abbiamo diffusamente scritto degli Intercity del giorno d’oggi, treni appunto costituiti da materiale rotabile uniforme e destinati a omologarsi ulteriormente a livello estetico e cromatico, vestendo i nuovi colori in due toni di azzurro. Le belle fotografie dei nostri collaboratori, mostrandoci lo stato dell’arte dell’anno 2024, hanno però rivelato una realtà diversa, con quattro tipi di livree differenti tra recenti e più datate, e ancora in opera su di uno stesso treno. Una manna per gli appassionati e per i redattori di riviste, subito corsi a fotografare composizioni transitorie e irripetibili, destinate perlopiù a durare solo pochi giorni: il tempo di ripellicolare tutto e via.
Eppure, nella storia delle FS, c’è stato un periodo oggi quasi dimenticato nel quale si vide introdotta una grande quantità di innovazioni in un limitato arco di tempo, con grandi ricadute sul piano dell’estetica: cinque nuove livree, l’eliminazione di una classe di viaggio e i nuovi sistemi di numerazione del materiale rimorchiato trasformarono radicalmente l’aspetto del treno in Italia. Il periodo in questione ha certamente inizio nel giugno del 1956, quando tutte le ferrovie europee soppressero la terza classe. Sebbene questo passaggio fosse già ampiamente e scrupolosamente programmato, la sostituzione dei pittogrammi non potè certo avvenire dalla notte al giorno; è vero, in molti casi si trattava semplicemente di ridipingere qualche numero, ma non dimentichiamo che il parco viaggiatori FS constava, all’epoca, di circa diecimila carrozze.
L’operazione non riguardò poi soltanto le terze classi promosse a seconde, ma anche moltissime seconde che scalavano a prime, e tacciamo poi delle miste, il cui ginepraio è ancora oggi fonte di crucci e complicazioni per lo studioso. L’eliminazione della terza classe non fu solo un cambio estetico, ma anche di sostanza: le carrozze di seconda che passavano in prima dovettero ricevere nuovi interni all’altezza del loro nuovo servizio, e ci vollero due anni affinché le officine di Voghera e le poche altre preposte alle revisioni del materiale trainato completassero il lavoro.
L’appassionato di ferrovia, poi, ricollega questa nuova epoca alla comparsa di una elegante fascia gialla in corrispondenza della parte superiore dei finestrini dal lato compartimenti delle carrozze di prima classe; ma questa importante e estremamente distintiva caratteristica entrò in uso solo due anni più tardi, in occasione della consegna alle FS delle allora nuovissime Tipo 1955 e dell’elegantissima Az 23.500, che volle distinguersi drasticamente dalle carrozze cugine di seconda. Come spesso siamo costretti a sottolineare, la confusione in ferrovia genera altra confusione: per un paio d’anni dunque, dal 1958 fino a completamento della sua applicazione, circolarono contemporaneamente carrozze di prima classe con fascia gialla e altre ancora senza, queste ultime sempre più identificate dalla gente con delle seconde che, ricordiamo, spesso erano delle ex terze.
Superata la problematica della banda gialla una volta applicata su tutte le carrozze, ecco comparire un altro elemento destinato a testimoniare che l’uniformità, in ferrovia, esiste solo sulla carta: si trattava del passaggio di coloritura dal bicolore Castano e Isabella al tutto Castano, una più pratica – e meno costosa – livrea tuttavia già presente su moltissimi veicoli dell’epoca. Sui mezzi a intelaiatura della cassa in legno, infatti, era in uso una particolare verniciatura, detta in “marrone ad olio“, che veniva applicata sugli esterni quando rivestiti con pannellatura metallica leggera, in contrapposizione con quella da 1,5 mm definita pesante che riceveva due colori. Castano e marrone ad olio erano praticamente indistinguibili, specie su quei veicoli non proprio freschi di revisione.
Tra gli elementi di grande varietà tipici di quel periodo non vanno dimenticati i tetti. Su molte carrozze, anche a cassa metallica, questi erano ancora di tela Olona su orditura in legno, come in origine; negli anni, a seguito di ricostruzioni postbelliche o semplicemente per migliorare il confort del viaggiatore non furono poche le sostituzioni con altri ad orditura metallica e pannelli di lamiera, tenuti insieme da un infinito numero di ribattini.
Come si sa la livrea tutto Castano non ebbe grande fortuna, e dopo meno di cinque anni dalla sua introduzione ecco le FS virare sul nuovo grigio ardesia, colore molto di moda in quel periodo e che trovò la sua prima applicazione su una parte dei prototipi delle carrozze Tipo Y. Ancora una volta, però, nel nome della regola della varietà le prime classi, l’unica mista e l’unica seconda di queste elegantissime vetture furono consegnate ancora in Castano, mentre le due cuccette di seconda mista uscirono dalle officine già in grigio e con la fascia che contraddistingueva gli scompartimenti di prima classe ora in avorio. Inutile dire che altri gruppi di carrozze, specie le più recenti per l’epoca come le Tipo 1959, furono anch’esse contagiate dall’incoercibile virus della non uniformità, finendo con l’entrare in servizio verniciate in entrambe le livree. I bagagliai e i postali di quella stessa famiglia poi, pur anch’essi consegnati in Castano o in grigio, non seguirono mai le indicazioni di verniciatura delle carrozze appartenenti alle loro stesse ordinazioni.
Alla commistione di coloriture, risultato del progressivo e mai terminato lavoro per uniformarle, si accompagnò quella delle marcature. La tradizionale e scarna sigla “FS” o “FS Italia” – altro elemento di varietà, che aveva distinto le carrozze per servizio internazionale da quelle limitate alle linee interne – fu inizialmente destinata a essere soppiantata da un logo ovale con la sigla dell’azienda in color avorio e la dicitura “Italia” in giallo, logo che restò in opera per pochissimo tempo e fu applicato a una manciata di carrozze in livrea Grigio ardesia. Tra queste, delle cuccette miste di prima e seconda, una delle quali ricevette la banda di prima classe in giallo, diversamente dalle successive prescrizioni che la vollero in color avorio.
La successiva introduzione della marcatura unificata comportò anche il ricorso a a un ulteriore nuovo logo, quello definito “a televisore”, quasi a celebrare l’elettrodomestico al quale gli italiani erano ormai maggiormente legati. Il rapido estendersi di questo piacevole disegno arrivò a coinvolgere anche alcune carrozze, non poche, ancora in Castano; queste ricevettero dunque il nuovo logo e la nuova marcatura prima del grigio. Questo significò, naturalmente, composizioni di carrozze con marcatura unificata e carrozze con marcatura d’origine, sia grigie che in Castano.
In questo breve resoconto abbiamo volutamente risolto di limitarci a parlare di carrozze e bagagliai, non pretentendo di essere certo esaurienti. La varietà dei colori degli altri veicoli meriterà di essere ripresa e trattata in articoli dedicati. Si potrebbe magari, per cominciare, scrivere dei mezzi leggeri, delle ALe 601 e delle cugine ALe 803: le une, adibite ai servizi di prestigio, abbandonano il Castano-Isabella vestendosi del grigio e verde del Settebello; le altre, destinate ai treni locali, ricevono una livrea unica e mai più ripresa su altri mezzi, con un accoppiamento di giallo e bordeaux simile ma non uguale a quello del TEE Breda dal quale era necessario distinguersi.
Oppure potremmo cominciare parlando dei carri merci, che a fronte di un apparente e monocorde aspetto in color rosso vagone si trovarono a circolare per anni dividendosi tra marcatura unificata e non, creando anch’essi accostamenti impensabili per chi non ha fede nella norma della varietà.
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