Un porto in treno

In copertina: la EA 17 manovra nel porto di Savona il 26 settembre 1974. Foto Archivio ACME.


Di Romano Mölter

“Di tutte le arti che servono o ai bisogni, o agli ornamenti del vivere, niuna manca alla provincia di Savona”. Così scriveva nel 1849 lo storico saluzzese Goffredo Casalis, tralasciando forse volutamente le problematiche dell’isolamento della città quando non vista dal mare. Savona venne raggiunta infatti dalla ferrovia solo il 25 maggio 1868, con l’apertura della tratta proveniente da Genova; la stazione fu costruita lungo la sponda sinistra del torrente Letimbro, da cui prese il nome. Benché già da qualche anno fossero attive delle iniziative industriali non direttamente legate all’attività marittima, prima in ordine di tempo la fonderia Tardy e Benech, si dovettero aspettare però altri dieci anni, fino al 21 settembre del 1878, per vedere la ferrovia collegata al porto. Il raccordo era lungo 1,773 km, venne realizzato parte in viadotto e parte in galleria e scendeva direttamente fino alle banchine delle navi. La SFAI, ovvero la Società per le Ferrovie dell’Alta Italia che gestiva tutta la linea da Genova, si occupò anche delle manovre delle merci sui binari dell’area portuale. Alla SFAI subentrò nel 1885 la Rete Mediterranea, a sua volta soppiantata nella gestione dalle neonate FS, nel 1905.

Un importante cambiamento avvenne nel 1917, quando il Cavalier Emilio Astengo ricevette in appalto parte del servizio di manovra; nel dettaglio, la presa in consegna dei carri vuoti per il carico, lo smistamento di questi sulle varie banchine portuali ed il loro ritiro e avvio alla pesatura una volta caricati. Nella stazione marittima rimase solo un ufficio FS con un capostazione e due agenti, con il compito di pesare i carri e formalizzare l’eventuale tassazione delle merci. Il carico e scarico vero e proprio dei carri spettava invece ad un’altra società, la Mezzi Meccanici. La Astengo estese ben presto le sue competenze a tutte le manovre tra porto e aziende ad esso direttamente raccordate, al servizio di verifica dei carri durante lo smistamento con eventuale invio in squadra rialzo, e ben presto anche alle tradotte tra la stazione marittima e la città. Dopo la seconda guerra mondiale fu aggiunto anche il servizio di carrellamento con trattrici e carrelli stradali verso i clienti non raccordati alla ferrovia, con partenza dallo scalo di Savona Letimbro.

Un manovratore precede la EA 16, già FSE 316, sui binari del porto di Savona. Questa locomotiva è sopravvissuta ed oggi conservata presso il museo AISAF di Lecce, con i colori della compagnia d’origine. Foto collezione Romano Mölter. EDIT: la marcatura sul pancone della locomotiva è ancora FSE 316, e non EA 16. Il numero corretto presso la EA sarà il 13.

Sulle banchine del porto, inizialmente, i carri erano manovrati da cavalli da tiro, che ben presto furono affiancati e poi del tutto sostituiti dalle locomotive a vapore. Una di queste, costruita da Orenstein & Koppel di Berlino, tradisce la presenza dall’impresa Astengo nelle attività portuali a Savona già nel 1912, ossia prima della formalizzazione dell’appalto da parte delle FS. La distinta di consegna del produttore tedesco riporta una locomotiva a due assi da 110 CV per la “Emilio Astengo, Roma, per porto Savona”. La piccola vaporiera, numero di fabbrica 6007, venne immatricolata come “Alessandro Volta”; assunto successivamente il numero di servizio EA 10 verrà accantonata solo intorno al 1961, in buone condizioni, su un tronchino vicino all’officina. Radiata nel 1973 e scampata fortunosamente alla demolizione, si trova da decenni esposta presso un’utensileria a Pian di Borno, nel Bresciano.

La EA 10, la prima locomotiva dell’impresa Astengo, accantonata su di un tronchino del porto di Savona nel 1971. Foto Archivio ACME.

Dopo la piccola O&K non risulta l’acquisto da parte della Astengo di locomotive nuove, solo usate, e ciò rende complicato ricostruire la storia dei loro servizi. A questo va aggiunto che nel periodo tra le due guerre l’impresa si trovò anche a noleggiare alcune locomotive FS, segnatamente la 835.071 nel 1924, le 835.128 e .195 nel 1926 e la 835.127 nel 1927.
L’elettrificazione della ferrovia Rezzato-Vobarno portò la società Tramvie Elettriche Bresciane che ne era proprietaria a cedere buona parte delle sue locomotive a vapore: nel parco dell’EA finirono due delle tre Breda rodiggio Ct del 1897, simili al gruppo FS 816 e identificabili dai numeri di fabbrica 335 e 336. Nello stesso periodo troviamo un’altra locomotiva a 3 assi, la “Rita”, ed una due assi battezzata “Zuillo”. Dei molti altri mezzi in servizio all’epoca non si hanno notizie, e delle loro vite si è persa ogni traccia. Oggi abbiamo, è vero, un elenco dei mezzi che va da EA 01 a EA 18, ma è riferito solo alle locomotive in servizio dopo il 1945. Un’ulteriore difficoltà per lo studioso è rappresentata dalla pratica di riutilizzare i numeri di servizio dopo la radiazione dei mezzi ai quali appartenevano, al punto che la EA 01 acquistata nel 1952 portava la sigla che in origine avrebbe dovuto essere della piccola O&K del 1912, nel dopoguerra marcata invece come sappiamo EA 10. Un bel pasticcio.
Dai tardi anni Quaranta in poi prosegue il ricorso al noleggio di locomotive dalle FS, come la 835.251 e nel 1949 le 835.016 e 017; nell’ottobre dello stesso anno viene invece acquistata la 835.188. Nell’ambito di un graduale rinnovamento del parco entrano arrivano a Savona locomotive dismesse dalle tante ferrovie che stanno radiando il vapore, come le Ferrovie Nord Milano o le Ferrovie del Sud Est, o già di ferrovie che chiudono per sempre, come la Ferrovia della Val Sessera.

La locomotiva EA 12, già della Ferrovia della Val Sessera, in sosta a Savona presso le officine Astengo nel 1971. Foto Archivio ACME.

La Astengo ha sempre avuto una piccola ma efficiente officina direttamente al porto, posta all’incirca dove oggi si trova il parcheggio del terminal della Costa Crociere. L’officina era assai attrezzata, e gestiva persino le grandi riparazioni e le revisioni, oltre alla manutenzione corrente dei mezzi. Tra i lavori più impegnativi possiamo citare sicuramente la ricostruzione, effettuata integralmente in sede, della EA 7 “Isolina”: questa era un locomotiva a scartamento 950 mm proveniente dalla FAC Arezzo-Fossato di Vico, trasformata allargando telaio e rodiggio. Anche il trapianto della caldaia dalla ex FS 835.058, acquistata per lo scopo, sulla EA 14 fu realizzato interamente in casa. Il povero carro della locomotiva donatrice 835 fu poi conservato come fonte di ricambi e rimase accantonato lì per anni. Infine, pare addirittura che si sia provato a convertire una ex 830 FS per la combustione del metano; tutto lascia credere che l’esperimento abbia avuto esito poco soddisfacente e sia durato ben poco, in quanto non se ne ha documentazione fotografica.

Nell’autunno del 1974 la locomotiva EA 16, in precedenza la FS 830.022, attende il suo turno di lavoro. Foto Archivio ACME.

Anche ad era del vapore finita le locomotive della Astengo venivano costantemente attrezzate con le migliorie che i tempi e le attrezzature dell’officina permettevano. La cromatura a forte spessore di diversi pezzi tra guide e perni della distribuzione, la filettatura di tutte le aperture per la lubrificazione del biellismo con l’adozione di tappi in alluminio sono alcune tra le tante piccole cure che le locomotive EA ricevevano in deposito. Si pensi che le macchine a vapore delle FS, quelle oggi adibite ai treni di interesse rievocativo e storico, hanno tuttora le vaschette portaolio delle bielle chiuse da un tappino in legno, per di più infilato a pressione. Su gran parte delle vaporiere si provvide inoltre a installare impianto elettrico e fanali moderni, probabilmente recuperati sul mercato dei ricambi delle motociclette dell’epoca; protetti da appositi tondini saldati, divennero una sorta di trade mark dell’azienda, che nel 1964 era arrivata a dare lavoro a circa 80 dipendenti.

Negli anni Sessanta arrivano le prime diesel da manovra, ma l’era del vapore al porto di Savona è ben lungi dal chiudersi. Qui vediamo la Deutz EA 20. Foto collezione Romano Mölter.

Nonostante la notevole cura dedicata ad esse, sarebbe sbagliato pensare alla EA come a un’azienda ferma ai tempi delle locomotive a vapore: orgogliosamente acquistate all’inizio degli anni Sessanta si unirono al parco rotabili le prime due diesel, raggiunte ben presto da una terza e, negli anni Settanta, da altre macchine Henschel commissionate nuove.

Questa immagine della Krauss-Maffei EA 22 mostra come Diesel e vapore convivessero a Savona porto ancora nel 1972. Foto Archivio ACME.

Il primo marzo 1968 la legge 173 istituisce l’EAPS, l’Ente Autonomo del Porto di Savona; i mezzi e le attività della Emilio Astengo confluiscono gradualmente nella nuova società. Una sola locomotiva a vapore viene mantenuta efficiente, la EA 18, reimmatricolata come EAP 10. Verrà poi anch’essa, mutatis mutandis, accantonata e radiata. La cura delle officine Astengo per le proprie locomotive, prestata anche su quelle accantonate, ha fatto si che molte unità siano sopravvissute fino ai giorni nostri; tra queste, la più grande delle locomotive a vapore delle FNM, ritornata alla compagnia di origine e rimessa in funzione.
All’atto del passaggio all’EAPS il parco della Astengo constava di diciotto macchine a vapore, che nel corso dei decenni avevano tirato e spinto milioni di carri merci su e giù per le banchine del porto. La metà di queste, ben nove, sono giunte a noi. Un lascito preziosissimo per la posterità degli amanti del treno e della sua storia.


 

EDIT: aggiungiamo dalla redazione che la locomotiva EA 13 della foto in bianco e nero, come da didascalia ritornata in mani FSE e attualmente esposta nel museo AISAF di Lecce, ha nel frattempo tentato una nuova carriera come YouTuber. La si può vedere fare da set nel video del nostro trafiletto Giocate dove volete, dal minuto 0.23.

 

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